martedì 18 dicembre 2012

Il Protocollo di Kyoto e la situazione Italiana

Il Protocollo di Kyoto tratta di problemi che investono la totalità dei settori delle attività umane, quindi il settore energetico, i processi industriali, l'utilizzo di solventi, l'agricoltura, i rifiuti.
Il Protocollo è diviso in 28 articoli che essenzialmente disciplinano la riduzione delle emissioni di gas serra. Obiettivo principale è la riduzione media del 5,2% entro il 2012. Per i paesi più industrializzati e sviluppati, fra cui l'Unione Europea, è prevista una riduzione maggiore pari all'8%.
Per altri paesi, considerati in via di sviluppo, sono fissati limiti meno rigidi.
Il Protocollo propone anche alcuni strumenti che indicano come tradurre in pratica gli obiettivi ed in particolare:
-L'istituzione di politiche nazionali di riduzione delle emissioni;
-Il miglioramento dell'efficienza energetica;
-La promozione di forme di agricoltura sostenibili;
-Lo sviluppo e promozione di fonti energetiche rinnovabili;
-La cooperazione sotto forma di scambi d' informazioni ed esperienze.

I paesi soggetti a vincolo di emissione sono oggi 39, divisi in paesi OCSE (Organizzazione Per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ed in paesi con economie in transizione. Nonostante alcune questioni irrisolte (per esempio le sanzioni, scambio dei diritti di emissione, utilizzazione dei serbatoi di CO2) il Protocollo rappresenta comunque un modello unico di approccio ambientale globale.

L'Unione Europea ha ratificato il Protocollo di Kyoto il 31 maggio 2002 ed è così entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la firma della Russia. Vari paesi industrializzati non hanno voluto ratificare il protocollo, tra cui spiccano gli Stati Uniti e l'Australia.

Ma gli impegni a cui l'Italia come Stato firmatario è sottoposta, sono raggiungibili?
Per inquadrare la questione è utile avere un'idea di quanta energia si consuma in Italia ogni anno. Utilizzando come riferimento il rapporto 2005 dell'Authority per l'energia, il nostro Paese nel 2004 ha consumato 143,4 Mtep.
Il valore comprende l'intera domanda di energia, composta non solo dall'elettricità, ma anche dai carburanti per i trasporti e dall'industria.
A fronte di una domanda di 143,4 Mtep il nostro paese ha offerto nello stesso anno di riferimento 195,5 Mtep. La differenza, pari a 52 Mtep (1/3 della domanda nazionale di energia) è composta da consumi e sprechi del settore energetico italiano. Si tratta di una quota significativa che lascia intravedere un margine di miglioramento dal lato dell'efficienza del sistema energetico italiano.

L'Italia importa gran parte delle risorse energetiche primarie ed ha una capacità di produzione di energia minima, pari a circa 30 Mtep, pertanto deve importare ben 165,5 Mtep di energia dall'estero, pari a circa l' 84% della domanda energetica nazionale. I valori evidenziano una quasi totale dipendenza energetica dall'estero, ma si tratta da una situazione non dissimile da quella di molti altri paesi occidentali industrializzati. Il fabbisogno energetico italiano è fortemente dipendente dal petrolio per il 45% e dal gas per il 32%.
A questo punto, come suggerisce il Trattato di Kyoto, la riduzione delle emissioni e dei consumi energetici può avvenire fondamentalmente in due modi:
1.Riduzione del consumo di energia fossile attuale della stessa percentuale, quindi di 3.8 Mtep all'anno;
2.Sostituzione con la produzione derivante dalle energie rinnovabili.

Per quanto concerne la riduzione dei combustibili fossili, molti ritengono che sia un'operazione destinata a rimanere un'utopia: infatti, con la crescita economica e le cifre che indicano gli aumenti del PIL di paesi come Cina ed India, è intuitivo ritenere che la domanda sia destinata inevitabilmente a crescere. Addirittura, secondo il rapporto ENEA 2005, la tendenza del consumo nazionale di combustibili fossili per il futuro è in aumento di oltre il 2% all'anno.
Sull'energia rinnovabile ci sarebbe molto da dire, e forse neanche basterebbe. Sintetizzando la situazione allo situazione italiana, i dati ENEA 2005 mostrano un contributo dell'energia rinnovabile endogena pari all' 8.3% del consumo complessivo e deriva in gran parte dalla produzione idro - geotermoelettrica (5.5%), mentre le NFER (Nuove Fonti Energia Rinnovabile) contribuiscono per l'1.3%.

Però, poiché il contributo dell'elettricità importata dall'estero proviene essenzialmente dalla produzione nucleare di Francia e Svizzera, si considera come "rinnovabile" anche la quota del 5% d'importazione. Pertanto nelle statistiche europee viene attribuita all'Italia una quota di produzione di energia rinnovabile pari a circa il 13% del consumo nazionale di energia.
In ogni caso, se si pensasse ad una sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili, è appurato che l'unità di misura dell'energia da usare per contabilizzare il contributo annuale è il Mtep.

A fronte di tutto questo, secondo i dati ISES del gennaio 2005 si ha che la potenza eolica totale (fig. 1.3) installata al 2004 era di 1260 MW con una produzione di elettricità di circa 1.8 TWh. In termini di energia fossile sostituita, l'intera attività eolica equivale ad un risparmio di combustibile pari a circa 0.4 Mtep, cioè lo 0.23% del consumo totale di fossili, a cui corrisponde la rimozione di circa 1.1 Mt di emissioni di CO2, cioè lo 0.23% di quelle totali emesse dal nostro sistema energetico.
Rispetto alle dimensioni sopra evidenziate, si conclude che il contributo eolico oggi è irrilevante e che, quindi, si dovrebbe fare un massiccio ricorso, oltre che all'eolico, anche agli impianti delle altre fonti rinnovabili.

Mtep:La tonnellata equivalente di petrolio è un'unità di misura di energia, rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo.