giovedì 22 novembre 2012
"Volli, volli, fortissimamente volli" Vittorio Alfieri
Un giorno, mentre vagabondava in preda alla sua rabbiosa furia di trovare qualche ideale per cui vivere e morire e mentre passava da un amore a un duello, da una crisi di disperazione all'esaltazione per la propria originalità e per il proprio ingegno, sorse in lui la precisa volontà di "farsi di ferro in un secolo in cui gli altri erano di polenta". Fu in un momento di noia e tranquillità che egli intuì la sua strada: era al capezzale di un ammalato, quando, per ammazzare il tempo, pensò di scrivere una tragedia su Cleopatra, la cui immagine sembrava guardarlo da un arazzo appeso al muro. Subito la scrisse, la limò, fece correggere tutte le sgrammaticature dovute alla sua scarsa istruzione e la fece rappresentare. Fu un successo enorme, con tre repliche applauditissime al Teatro Carignano di Torino: era la prima tragedia scritta decorosamente da un italiano dopo tanto, tanto tempo di silenzio. L'Alfieri capì subito che se voleva intraprendere la strada dell'arte e del teatro con dignità doveva al più presto formarsi una solida cultura.
Di qui la sua celebre frase "Volli, volli, fortissimamente volli" che lo portò a farsi tagliare la chioma fluente, senza la quale un conte dabbene non avrebbe mai varcato la soglia di casa, e a farsi legare alla sedia con corde strettamente annodate per poter "digerire" in un tempo relativamente breve una vera e propria montagna di libri.
Il tema fondamentale trattato da Alfieri è la libertà, sentimento antico e sempre nuovo: soprattutto la libertà civile e politica. Pur senza trascurare le altre grandi passioni che travagliano l'animo umano, come l'amore o l'ambizione, egli esalta sempre la figura del ribelle, dell'eroe della libertà che si scaglia contro l'ordine costituito, contro la tirannia, contro l'obbedienza cieca a leggi e persone ingiuste. I suoi drammi vogliono insegnare il gusto di quell'eroica libertà: egli vuole così risvegliare le coscienze addormentate del suo tempo, additando come esempio i grandi modelli tratti dall'antichità classica. Così egli ce ne parla: "Io credo fermamente che gli uomini debbano imparare in teatro ad esser liberi, forti, generosi, trasportati per la vera virtù, insofferenti d'ogni violenza, amanti della patria, veri conoscitori dei propri diritti, e in tutte le passioni loro ardenti, retti e magnanimi.